* Lo sapevi che ?

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Se sei curioso e non poni limiti alla tua sete di sapere,

se pensi che non esiste nulla che non vale la pena di sapere,

se non dai per scontato che anche le cose più ovvie sono conosciute da tutti,

questa è la sezione per te, scrivi la tua e togliti una curiosità!

50 Risposte to “* Lo sapevi che ?”

  1. Alessandro Says:

    PERCHE’ CON LA PENTOLA A PRESSIONE LA COTTURA E’ PIU’ VELOCE?

    Le cose che bisogna conoscere per toglierti questa curiosità sono due,
    la prima è che quando l’acqua bolle la temperatura rimane costante anche se la pentola è ancora sulla fiamma,
    la seconda è che l’acqua bolle solo quando la pressione del vapore diviene uguale a quella dell’atmosfera a contatto con l’acqua stessa.

    Se ci si trova al livello del mare e l’acqua viene portata all’ebollizione in una pentola scoperta, essa bollirà a 100°C e la cottura proseguirà alla medesima temperatura.

    Se ci si trova al livello del mare e l’acqua viene portata all’ebollizione in una pentola chiusa ermeticamente ma dotata di una valvola che assicuri che la pressione non superi un determinato valore critico, essa bollirà a temperatura superiore a 100°C e la cottura proseguirà alla medesima temperatura. Maggiore è la pressione raggiungibile e maggiore sarà la temperatura di ebollizione.

    Il risultato è che nel secondo caso la cottura sarà più veloce perchè la temperatura è maggiore.

  2. The Cardill Says:

    Normalmente, ogni persona ride 15 volte al giorno.

    La Coca-Cola, originariamente, era verde.

    La prima coppia mostrata a letto insieme in TV fu Fred e Wilma Flintstone.

    Negli Stati Uniti ogni giorno vengono stampati più soldi per il gioco del Monopoli che per la Tesoreria.

    L’altezza della piramide di Cheope è pari esattamente a un milionesimo della distanza che separa la terra dal sole.

    La parola “cimitero” deriva dal greco “koimetirion” che significa “luogo per dormire”.

    Nei conventi, durante la lettura delle Sacre Scritture, quando ci si referiva a San Giuseppe si diceva “Pater Putatibus”, abbreviato in P.P.. Ecco perché il più comune minutivo di Giuseppe è Peppe o Peppino.

    Durante la guerra di secessione, quando le truppe tornavano agli accampamenti dopo una battaglia, veniva scritto su una lavagna il numero dei soldati caduti; se non c’erano state perdite, si scriveva “0 killed”, da cui l’espressione OK nel senso di “tutto bene”.

    Lo Stato con la più alta percentuale di persone che vanno al lavoro a piedi è l’Alaska.

    In Africa la percentuale di persone che vivono in solitudine è il 28%. In Nord America è il 38%.

    Le persone intelligenti hanno più zinco e rame nei capelli.

    I genitori più giovani di tutti i tempi, età 8 e 9 anni, vissero in Cina nel 1910.

    Il Papa più giovane di tutti i tempi aveva solo 11 anni.

    Il primo libro scritto con la macchina da scrivere fu “Tom Sawyer”.

    Ciascun Re delle carte da gioco rappresenta un grande Re della storia:
    – Picche: Davide
    – Cuori: Carlo Magno
    – Fiori: Alessandro il Grande
    – Denari: Giulio Cesare

    111.111.111 x 111.111.111 = 12.345.678.987.654.321

    Le potenze di 10 sono le più facili … e hanno nomi noti (ma certi… non molto noti):
    101 = dieci; 102 = cento; 103 = mille; 106 = milione; 109 = miliardo; 1012 = trilione;
    1015 = quadrilione; 1033 = decilione; 10100 = googol.

    Se una statua rappresenta una persona su un cavallo che ha entrambe le zampe anteriori sollevate, significa che la persona in questione è morta in guerra. Se il cavallo ha solo una zampa anteriore sollevata, la persona è morta a seguito di una ferita riportata in guerra. Se il cavallo ha tutte le quattro zampe a terra, la persona è morta per cause naturali.

    I giubbotti antiproiettili, le uscite antincendio, i tergicristallo e le stampanti laser hanno una cosa in comune: sono stati tutti inventati da donne.

    E’ impossibile starnutire con gli occhi aperti (… ci state provando?!)

    L’unico alimento che non si deteriora è il miele.

    Il “Quac, Quac” delle oche non dà eco (non si sa perché).

    Lo scarafaggio può vivere nove giorni anche se privato della testa, dopodiché …muore di fame.

    Un coccodrillo non può tirare fuori la lingua.

    Il cuore di un gamberetto è nella testa.

    La formica può sollevare pesi pari a 50 volte quello del suo corpo, e spingere oggetti 30 volte più pesanti di lei e cade sempre sul fianco destro quando è inebriata.

    Una pulce può saltare una distanza pari a 350 volte la lunghezza del suo corpo.

    L’accendino è stato inventato prima dei fiammiferi.

    Come le impronte digitali, l’impronta della lingua è diversa per ogni uomo.

    Nel Vangelo di San Matteo si legge “E’ più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei Cieli”. In realtà San Gerolamo, che tradusse dal greco al latino il testo, interpretò la parola “kamelos” come “cammello”, mentre l’esatto significato è “grossa fune utilizzata per l’attracco delle navi”. Il senso della frase resta sostanzialmente lo stesso, ma acquista molta più coerenza. A parte ciò, si spiega perché gli scaricatori del porto di Genova si chiamano “CAMALLI”.

    Per legge, le strade interstatali degli Stati Uniti hanno almeno un miglio rettilineo ogni 5. Questi rettilinei possono essere utili come piste di atterraggio in casi di emergenza o in guerra.

    Il nome “Jeep” deriva dall’abbreviazione, in uso nell’esercito americano, dell’espressione “General Purpose”, ovvero “GP”.

    Circa 4.000 anni fa, in Babilonia, c’era l’usanza per cui, per un intero mese dopo il matrimonio, il padre della sposa forniva al genero tutto l’idromele che egli riusciva a bere. Essendo l’idromele una bevanda ricavata dal miele ed essendo a quei tempi il calendario basato sulle fasi lunari, quel periodo fu denominato mese di miele o “luna di miele”.

    Nell’antica Inghilterra non si poteva fare sesso senza l’autorizzazione del Re (erano esclusi i membri – notare il termine molto opportuno – della casa reale). Quando si desiderava avere un bambino si doveva chiedere il consenso del Re che consegnava agli interessati un cartellone da affiggere alla porta di casa durante la pratica del sesso. Sul cartellone era scritto: “F.U.C.K.” (Fornication Under Consent of the King).

    In Scozia, quando inventarono un nuovo gioco solo per uomini, lo chiamarono “Gentlemen Only Ladies Forbidden” da cui, più semplicemente, G.O.L.F.

    Talete (640-546 a.C.), noto come uno dei sette saggi dell’antica Grecia, era chiamato “il padre del ragionamento deduttivo”.Introdusse in Grecia lo studio della Geometria. Fu matematico, filosofo e astronomo. Predisse esattamente l’eclisse solare del 585 s.C. e stupì gli egiziani calcolando l’altezza della Grande Piramide basandosi sulle ombre e sui triangoli simili.
    fonte: exmontevecchio.com del 07/02/08

  3. The Cardill Says:

    A bizzeffe
    Viene dalla lingua araba, dove bizzaf significa “molto”.
    E’ anche interessante notare quanto dice il Minucci nelle “Note al Malmantile”:
    “Quando il sommo magistrato romano intendeva fare a un supplicante la grazia senza limitazione, faceva il rescritto sotto al memoriale, che diceva ‘fiat, fiat’ (sia sia) anziché semplicemente ‘fiat’, che scrivevasi quando la grazia era meno piena, dipoi per brevità costumarono di dimostrare questa pienezza di grazia con due sole ‘ff’, onde quello che conseguiva tal grazia diceva: Ho avuto la grazia a ‘bis effe’”.
    A caval donato non si guarda in bocca
    Il proverbio significa che dei regali dobbiamo sempre essere grati, anche se di scarso valore; e si dice così perché l’età di un cavallo si giudica guardando lo stato della sua dentatura, già ‘lo stato’ e non il numero dei denti. Non lo sapeva quel ragazzotto di campagna che andò al mercato ad acquistare un cavallo, e poiché il padre gli aveva raccomandato di osservare bene i denti dell’animale, si indignò nei confronti del mercante dicendogli: “Mi volete imbrogliare! Vendermi un cavallo di quarant’anni!”. Tanti infatti sono i denti del cavallo adulto… e il ragazzotto li aveva contati…

    Acqua in bocca
    Il lessicografo Giacchi dà questa spiegazione. Si narra che una femminuccia, molto dedita alla maldicenza, ma anche devotissima, pregasse il suo confessore di darle un rimedio contro quel peccato. Il confessore insinuava conforti e preghiere, ma inutilmente. Un bel giorno diede alla donna una boccetta d’acqua del pozzo raccomandandole di tenerla sempre con sé e quando sentiva la voglia di ’sparlare’ ne mettesse alcune gocce in bocca e ve le tenesse ben chiuse finché non fosse passata la tentazione. La donna così fece, e negli atti ripetuti trovò tanto vantaggio, che alla fine si liberò dal vizio dominante, e come fosse femmina di poco levatura tenne poi quell’acqua per miracolosa.

    Alle calende greche
    Nel calendario romano con la parola calende si indicava il primo giorno d’ogni mese, Ma questo era ignoto ai Greci. Perciò, fin da tempi remoti, si dice rimandare alle calende greche una faccenda, per intendere che essa non sarà fatta mai.

    Andare a scopare il mare
    Il senso di quest’espressione ­ anche se con molta probabilità è sconosciuta ai più ­ ci sembra intuitivo: cacciarsi in un’impresa che non avrà nessuna possibilità di successo; fare, insomma, un lavoro completamente inutile. Si adopera, per lo più, nella variante “mandare a scopare il mare” quando si vuole invitare una persona a togliersi di torno; mandandola, magari, a fare una cosa inutile ma eviterà ad altri di perdere tempo nel proprio lavoro. Si usa anche nei confronti di una persona che si invita a non dire sciocchezze o a farla desistere dal tenere comportamenti noiosi e, molto spesso importuni. Si usa, insomma, nei confronti di persone insistenti, noiose e fanfarone.

    Avere il mal del prete
    Si adopera quest’espressione quando si viene a conoscenza di segreti che, naturalmente, non si possono rivelare a nessuno e si è tormentati come lo è il prete allorché viene a sapere di fatti delittuosi confidatigli in confessione. L’origine di questo modo di dire ­ forse poco conosciuto ­ ci è “raccontata” dal Poliziano in una ballata: “Donne mie, voi non sapete, / ch’io ho il mal ch’avea quel prete. / Fu un prete (questa è vera) / ch’avea morto el porcellino. / Ben sapete che una sera / Gliel rubò un contadino / Ch’era quivi suo vicino / (altri dice suo compare); / Poi s’andò a confessare / e contò del porco al prete. / El messere se ne voleva / Pur andare alla ragione: / Ma pensò che non poteva, / Ché l’avea in confessione. / Dicea poi tra le persone: / Oimè, ch’io ho un male, / ch’io non posso dire avale. / Et anch’io ho il mal del prete”.

    Avere la coda di paglia
    Un’antica favola racconta che una giovane volpe cadde disgraziatamente in una tagliola; riuscì a fuggire ma gran parte della coda rimase nella tagliola. Si sa che la bellezza delle volpi è tutta nella coda, e la poveretta si vergognava di farsi vedere con quel brutto mozzicone. Gli animali che la conoscevano ebbero pietà e le costruirono una coda di paglia. Tutti mantennero il segreto tranne un galletto che disse la cosa in confidenza a qualcuno e, di confidenza in confidenza, la cosa fu saputa dai padroni dei pollai, i quali accesero un po’ di fuoco davanti ad ogni stia. La volpe, per paura di bruciarsi la coda, evitò di avvicinarsi alle stie. Si dice che uno ha la coda di paglia quando ha commesso qualche birbonata ed ha paura di essere scoperto.

    Aver mangiato noci
    Ecco uno dei tanti modi di dire della nostra lingua poco conosciuto ma “molto” adoperato da tutti coloro che nel corso della loro vita ­ loro malgrado ­ hanno avuto a che fare con i “mangiatori di noci” che, in senso figurato, si dice di persone che sono sempre mal disposte e di animo cattivo nei confronti di tutti quelli che, al contrario, cercano di assecondarle in tutto e per tutto. “Mangia noci”, insomma, colui che parla sempre male di tutti. La locuzione è chiaramente una metafora, vale a dire un modo figurato: le noci ­ è noto a tutti ­ fanno l’alito cattivo e di conseguenza anche le … parole che escono dalla bocca di coloro che le hanno mangiate. Il modo di dire, quindi, fuor di metafora o di sarcasmo, significa “possedere un animo cattivo” e “sparlare di qualcuno”. Un bellissimo esempio di quest’espressione ­ ripetiamo, poco conosciuta ­ si può leggere nel Cecchi: “Be’ Crezia / Tu ti sei risentita in mala tempra; / Oh sì, iersera tu mangiasti noci / Che t’ànno fatto sì cattiva lingua”.

    Bagnare il naso
    L’origine dell’espressione è piuttosto brutta! Nelle antiche scuole torinesi, il maestro chiamava il discepolo più bravo perché bagnasse, col dito intinto nella saliva, il naso del compagno che aveva commesso un grave errore. Talvolta era lo stesso maestro che compiva questa bella funzione.

    Calma e gesso!
    Questo non è propriamente un modo di dire ma un’esclamazione con la quale si invita una persona a non prendere delle decisioni affrettate delle quali, in futuro, potrebbe pentirsi; ma, al contrario, valutare con la massima attenzione una determinata situazione per affrontarla nel modo migliore e “goderne”, eventualmente, i benefici.
    Gli appassionati del gioco del biliardo dovrebbero conoscerla bene. Prima di un tiro particolarmente difficile, i giocatori esperti valutano con la massima calma la posizione delle biglie e strofinano con il gesso la punta della stecca al fine di renderla “uniforme” ed essere sicuri, quindi, di riuscire ad effettuare al meglio il tiro studiato attentamente.

    Campa cavallo
    Si racconta che un povero diavolo portava a mano un cavallo vecchio, stanco, sfinito, per una strada sassosa dove si vedeva appena, di quando in quando, un misero filuccio d’erba. Il cavallo stava per cadere, sopraffatto dalla fame e il padrone cercava d’incoraggiarlo dicendogli: “Non morire, cavallo mio, tira avanti ancora per un po’; campa finché crescerà l’erba e potrai sfamarti”.

    Chi ha fatto trenta può fare trentuno
    Papa Leone X, il 1º luglio 1517 creò trenta nuovi cardinali; poi gli parve che un altro prelato fosse pure degno di quell’onore e nomino cardinale anche lui. A coloro che si meravigliarono del fatto che il papa, che aveva deciso di fare trenta cardinali, ne avesse poi fatto uno di più, Leone X rispose “Chi ha fatto trenta può fare trentuno”.

    Ciao
    In passato esisteva il saluto deferente schiavo (per dire: ’servo suo’); poi, specialmente nella regione veneta, si abbreviò la parola in s-cio. In seguito si è trasformata in ciao. Ma il saluto, che prima era ossequioso, è diventato, invece, il più confidenziale. Fino a circa un secolo fa, la parola era usata solo nell’Italia settentrionale.

    Ciurlar nel manico
    Se la lama di un coltello o di altro simile arnese non è ben inserita nel manico o se ne è staccata per il lungo uso, l’arnese diventa inservibile, perché la lama perde ogni resistenza girando (ciurlando) nel manico. Perciò quando una persona o una cosa risulta incerta e non affidabile si dice che ciurla nel manico.

    Dare botte da orbi
    Anche nell’ira, colui che picchia, può darsi che abbia qualche riguardo per non fare troppo male; ma un cieco, no! Lui non sa dove batte e colpisce senza pietà e misura.

    Dar le mele a una persona.
    Quest’espressione ­ forse non molto conosciuta ­ si adopera allorché si vuole dare una particolare rilevanza al fatto che due persone se le sono date di santa ragione e una, in particolare, è stata picchiata con un bastone. Ma cosa ha a che vedere il bastone? Semplice. Questo ‘arnese’ viene adoperato per “picchiare” l’albero allo scopo di far cadere le mele. In senso metaforico o figurato questa locuzione si usa quando si “picchia” moralmente una persona: in fatto di destrezza tuo fratello ti dà le mele.

    Do ut des
    Proverbio latino, che significa “do affinché tu dia”. E’ il proverbio degli egoisti.

    Essere al verde
    Significa “essere a corto di denaro”. Per molto tempo si è usato appaltare i servizi pubblici per mezzo di un’asta. Il banditore accendeva una candela la cui base era tinta di verde. Finché la candela non era arrivata al verde, era lecito fare offerte; dopo, non più.
    Secondo altra interpretazione, l’espressione si riferisce semplicemente al fatto che le candele avevano la base tinta di verde.
    Fare fiasco
    Anticamente c’era a Firenze un artista comico che, ogni sera, si presentava tenendo fra le mani un oggetto nuovo; e su questo oggetto improvvisava versi buffi che facevano ridere il pubblico. Una sera si presentò con un fiasco, ma i versi non piacquero e ci fu un concerto di fischi. Da allora in poi si disse far fiasco per non riuscire in qualche cosa.

    Far forno
    Gli amanti del teatro dovrebbero conoscere quest’espressione che è propria, appunto, del gergo teatrale. Per la spiegazione e l’origine della locuzione ricorriamo a un dialogo immaginario tra padre e figlio.
    Peppino non era più in sé per la gioia: il padre gli aveva promesso che il giorno del suo compleanno lo avrebbe condotto a teatro e sarebbe stata la prima volta che il fanciullo avrebbe assistito, “dal vivo”, a una rappresentazione del genere. L’attesa, quindi, era spasmodica. Quel giorno, finalmente, arrivò. “Sbrigati Peppino, oggi è il giorno in cui il teatro ‘fa forno’, la sala sarà tutta nostra, nessuno ci disturberà, vedrai come staremo bene. Il giovinetto, lì per lì, restò interdetto; pensò che il teatro in quel giorno si sarebbe trasformato in una … pizzeria, e lui non aveva voglia di mangiare una pizza, voleva andare a teatro, come promessogli dal padre. Si fece coraggio e chiese spiegazioni. “Papà, veramente mi avevi promesso che saremmo andati a teatro, non a mangiare una pizza; perché hai cambiato idea?”. “Sciocchino ­ ribattè il padre ­ andiamo a teatro, stai tranquillo, e la sala sarà tutta per noi perché ‘fanno forno’ “, appunto.
    Nel gergo teatrale, dunque, “far forno” significa ‘rappresentare a teatro vuoto’. Quest’espressione è un calco sul francese ‘faire (un) four’ e, pare, si adoperasse quando la sala era quasi vuota e, accomiatati i pochi spettatori presenti, si spegnevano le luci rendendola in tal modo scura, buia come un forno”.

    Fare il portoghese
    (Non pagare il biglietto). L’origine dell’espressione risale al secolo XVIII: l’ambasciata del Portogallo a Roma, per festeggiare un avvenimento, aveva indetto una recita al teatro Argentina per la quale non erano stati distribuiti i biglietti d’invito; bastava presentarsi come “portoghesi”. (Dal Dizionario Enciclopedico Italiano).

    Fare la cresta sulla spesa
    Anticamente si chiamava agresto un condimento asprigno che si ricavava dall’uva poco matura e i contadini, quando coglievano l’uva poco matura per far l’agresto, coglievano anche un po’ di quella buona che avrebbero invece dovuto portare al padrone; e si diceva far l’agresto per indicare questa piccola ruberia. In seguito, far l’agresto è diventato far la cresta.

    Fare una cosa di soppiatto
    L’espressione significa “agire furtivamente, di nascosto”. Non tutti sanno, forse, qual è il significato proprio di “soppiatto”. E’ un aggettivo che si adopera esclusivamente nelle locuzioni simili: uscire di soppiatto; entrare di soppiatto, ecc. e propriamente vale “appiattandosi”. E’ composto con il prefisso “so(b)” ­ che è il latino “sub” (sotto) ­ e l’aggettivo “piatto” ­ che è tratto dal latino medievale “plattus” (’largo’, ‘aperto’) ­ quindi “schiacciato”. La persona che entra di soppiatto, quindi, figuratamente si “appiattisce”, si “schiaccia” per ridurre il volume e non farsi notare.

    Fare un tiro mancino
    Se pensiamo che uno voglia colpirci, istintivamente teniamo d’occhio la sua destra; se il colpo ci viene invece dato con la sinistra, diventa più pericoloso, perchè inaspettato.

    Il capro espiatorio
    Gli Ebrei avevano anticamente una strana usanza. Mosè aveva ordinato che ogni anno si celebrasse l’espiazione dei peccati. Nel giorno designato, il sommo sacerdote prendeva due capri: il primo veniva sgozzato e il sacerdote lo caricava, simbolicamente, di tutti i peccati suoi e del popolo; l’altro veniva mandato via perché si disperdesse nel deserto e non tornasse mai più. Il primo si chiamava capro espiatorio, il secondo capro emissario.; l

    Il pomo della discordia
    Gli antichi credevano che ci fosse una dea, figlia della Notte, sorella di Nèmesi (vendetta) e delle Parche (brutte vecchie dalle mani artigliate). Questa dea, amica di Marte, si chiamava Discordia e faceva onore al suo nome aizzando continuamente litigi, pettegolezzi e malignità. Giove, sereno e tollerante come tutti i grandi, la sopportò per un bel po’ ma alla fine perse la pazienza e scacciò Discordia dal cielo. Rabbiosa per questo smacco, Discordia cercò ogni occasione per vendicarsi. Quando ci fu il matrimonio di Teti (dea del mare) e Peleo (semplice mortale) furono invitati dee e dei, uomini e donne, ma certo non fu invitata madama Discordia. Al culmine della festa, lei getto sulla tavola una mela d’oro su cui era scritto: “alla più bella”. Le dee più belle presenti al banchetto erano tre: Giunone, Minerva e Venere. Ciascuna pretese la mela per sé e nacque un putiferio, la pace della festa fu turbata e l’allegria finì. Le tre dee si rivolsero ad un pastorello, Paride, perché decidesse quale fra loro fosse la più bella e Paride scelse Venere. Le altre due non si rassegnarono e da ciò derivò un mondo di guai.

    La pietra dello scandalo
    Al tempo dei Romani, quando un disgraziato commerciante falliva, doveva sedersi su una pietra e dir forte ai suoi creditori: Cedo bona ossia ‘cedo i miei averi’: Dopo ciò, i creditori non avevano più diritto di molestarlo. La pietra, testimone del fatto doloroso, si chiamava pietra dello scandalo.

    L’uovo di Colombo
    Si racconta che dopo che Cristoforo Colombo scoprì l’America, ci furono tante persone che cercavano di sminuire la sua impresa dicendo che non era poi stato una gran che. Sembra che un giorno Cristoforo Colombo avesse attorno a sé parecchi di tali contestatori e domando loro:”Chi di voi è capace di fare star ritto un uovo?” Tutti ci provarono ma nessuno ci riuscì: Allora Colombo prese l’uovo, lo schiacciò da un lato e la cosa risultò facilissima…

    Lupus in fabula
    Anche se adesso questo detto ha assunto una valenza un po’ diversa, originariamente stava a significare l’arrivo di una persona che ci impedisce di parlare su un certo argomento. Questo perché nelle antiche favole si parlava sempre del lupo come di animale pericolosissimo; si diceva che la sua presenza togliesse la parola agli uomini, facendoli ammutolire dallo spavento.

    Mangiare la foglia
    In origine l’espressione era “aver mangiato la foglia” con il significato di ‘capire al volo’; intendere prontamente il senso del discorso; capire subito le intenzioni altrui. Fra le tante spiegazioni, quella che dà Ugo Enrico Paoli sembra la più convincente. Egli considera la foglia come un collettivo: più foglie che si fanno mangiare agli animali vaccini. Questi si dividono in due gruppi: i lattanti che prendono il nutrimento dalla poppa materna e le bestie adulte che hanno già cominciato a mangiare la … foglia. Secondo il Paoli, quindi, il senso pratico del mondo contadino ha associato alla locuzione “aver mangiato la foglia” il concetto di saggezza.

    Mangiar le noci col mallo
    Riferita a una persona che dice male di un’altra ancora più maldicente. Benedetto Varchi, nel suo “Ercolano”, così spiega il modo di dire (anche questo poco conosciuto, per la verità): “Di coloro che hanno cattiva lingua, e dicon male volentieri, si dice: ‘egli ha mangiato noci’, benché il volgo dice ‘noce’; e ‘mangiar le noci col mallo’ (l’involucro della noce, della mandorla e di frutti simili, ndr) si dice di quegli che dicon male e cozzano con coloro i quali sanno dir male meglio di essi, di maniera che non ne stanno in capitale, anzi ne scapitano, e perdono in di grosso”.

    Non esser della parrocchia
    Non far parte di un gruppo, di una combriccola; essere, insomma, un “estraneo”, in particolare riferito a colui che volontariamente si tiene fuori dalle discussioni e da ambienti che non gli “aggradano”. L’aneddoto di un autore ignoto tenta di dare una spiegazione circa l’origine del modo di dire: “Si narra che un sacerdote, durante la predica, allo scopo di sollevare il morale un po’ depresso dei suoi fedeli si mise a raccontare qualcosa di molto divertente che provocava frequentissimi sorrisi negli astanti. Uno soltanto, in fondo alla navata, ascoltava impassibile, come se fosse ‘estraneo’ all’ambiente. Un fedele, incuriosito, non poté trattenersi dal chiedergli spiegazioni del suo strano comportamento. ‘Mi perdoni ­ l’apostrofò ­ perché mai lei non ride?’. E quest’ultimo, con assoluta cortesia, ‘perché non sono della parrocchia’; volendo dire, probabilmente, che non capiva a cosa si riferissero le spiritose battute del sacerdote, non conoscendo né il posto né la gente”.

    Ovazione
    Si dice che viene tributata un’ovazione ad una persona quando viene acclamata dalla folla, con applausi, ecc. Secondo i Romani, quando uno era degno di onoranze, lo si faceva procedere a piedi o a cavallo con una toga ricamata e incoronato di mirto, fra le ali della folla. Poi in suo onore veniva sacrificata una pecora; e proprio dal nome di quest’animale (ovis = pecora) la cerimonia si chiamava ovazione.

    Per filo e per segno
    Un tempo, gli imbianchini sul muro e i segantini sul legno usavano ‘batter la corda’, ossia tenevano sul muro o sul legno un filo intinto di una polvere colorata e poi lo lasciavano andare di colpo, in modo che ne rimanesse l’impronta. Tale impronta o segno indicava la linea da seguire nell’imbiancare o nel segare. Da lì è derivato l’uso di dire per filo e per segno per intendere ‘ordinatamente, con sicura esattezza’.

    Piantare in asso
    L’espressione non è altro che la deformazione popolare della locuzione “piantare (o lasciare) in Nasso”, un’isola greca dove – secondo la mitologia – Teseo, il “giustiziere” del Minotauro, avrebbe abbandonato (”piantato”) la sposa Arianna dopo che costei l’aveva aiutato a condurre in porto l’impresa con il suo celeberrimo “filo”.

    Prendere il lato alla predica
    Questo modo di dire – per la verità poco conosciuto – si tira in ballo quando si vuole mettere bene in evidenza il fatto che per raggiungere un determinato fine occorrono “astuzia”, “sveltezza”, “accortezza” eþ “occhio” per non cadere in fallo. L’espressione trae origine dall’antica usanza dei fedeli che si recavano in chiesa ad ascoltare la predica e cercavano di prendere il “lato”, vale a dire il posto migliore per poterla ascoltare meglio. Naturalmente si faceva molta fatica perþ trovarlo, bisognava, quindi, essere svelti per non lasciarsi sopraffare dai più zelanti e non correre il rischio di rimanere in fondo alla Chiesa dove la “vista” e l’ “udito” non erano appagati. Con il trascorrere del tempo la locuzione ha assunto il significato – più generico – di “usare qualunque accorgimento per raggiungere, in pace, un determinato scopo”.

    Prendere una cantonata
    Se chi guida un carro fa una curva troppo stretta, urta col mozzo della ruota contro l’angolo di una strada e può accadere un guaio. Perciò, prendere una cantonata in senso figurato significa commettere un errore, prendere un abbaglio.

    Questione di lana caprina
    Le pecore hanno la lana, ma le capre hanno il pelo o la lana? Può essere una questione importante! Quando si vuol criticare qualcuno che sottilizza, arzigogola su argomenti futilissimi, si dice che perde tempo intorno a questioni di lana caprina

    Raccogliere i broccoli
    Questa locuzione pur essendo ­ con molta probabilità ­ sconosciuta ai più, è messa in pratica da molte persone, soprattutto nei posti di lavoro. Chi raccoglie i broccoli, dunque, naturalmente in senso figurato? Colui che si diverte a divulgare pettegolezzi e maldicenze nei confronti di tutti. L’espressione sembra faccia riferimento ai discorsi delle massaie le quali, quando vanno a “raccogliere i broccoli”, cioè al mercato, si scambiano notizie e pettegolezzi su tutto e per tutti. Cari amici, quanti “raccoglitori di broccoli” vi è capitato d’incontrare durante la vostra vita?

    Restare di sale
    Nella Bibbia si narra che durante il fuoco celeste deciso dal Signore per distruggere la città di Sodoma, Dio ordinò ai fuggiaschi di andare via senza mai volgersi indietro per nessun motivo a guardare la distruzione. La moglie di Lot (nipote di Abramo), vinta dalla curiosità, si voltò e fu trasformata in una statua di sale.

    Salamelecco
    In arabo, Salam aleik significa ‘pace a te’ ed è una bella forma di saluto, ma poichè di solito è accompagnata da gesti pieni d’ossequio, gli Italiani, traducendo con la parola salamelecco (usata quasi sempre al plurale) hanno aggiunto ad essa l’idea di inchini, riverenze e smorfie ridicole.

    Stare a martello
    Vale a dire resistere alla censura. L’espressione ci sembra non abbisognevole di spiegazioni essendo di origine intuitiva: colui che riesce a “sfuggire” alla censura vuol dire che ha degli argomenti che non si “rompono” – ovviamente in senso metaforico – sotto i colpi del martello. Il modo di dire vale anche “corrispondere al vero”. In questo caso la locuzione fa riferimento al cimento dell’argento: quando non resiste ai colpi del martello vuol dire che non è sincero. Di qui, per l’appunto, l’uso figurato dell’espressione.

    Tabula rasa
    Si sa che gli antichi scrivevano su tavolette. Quando poi volevano usar di nuovo la tavoletta, facevano scomparire lo scritto precedente radendolo. Tabula rasa significava appunto la tavoletta da cui lo scritto era stato fatto scomparire.

    Voce stentorea
    Si dice così per indicare una voce fortissima, fragorosa, perché Omero racconta di un principe greco, Stèntore, che aveva una voce così potente come quella di cinquanta persone riunite.
    fonte: exmontevecchio.com del 07/02/08

  4. Lu paparazzar Says:

    Figlio di mignotta
    Persona furba, priva di rettitudine, che compie “mignottate” (cioè azioni disoneste) che danneggiano il prossimo. “Mignotta” deriva da “mignotte”, favorita, prostituta. E’ una parola che è venuta in Italia dalla Francia ma che la Francia in precedenza aveva importato proprio dall’Italia. Infatti nei registri di nascita dei trovatelli, il clero e poi la burocrazia dei comuni italiani scrivevano “figlio di madre ignota”. Poiché la parola “madre” veniva indicata per brevità solo con l’iniziale, ne risultava una “m.ignota”, poi diventata “mignotta”.

  5. Lu paparazzar Says:

    Essere pane e cacio
    Vivere insieme, trovarsi bene con qualcuno, essere sempre in perfetta armonia e a proprio agio anche nelle situazioni più difficili e ingrate. Sono molte le espressioni con analogo significato: per esempio “essere culo e camicia”, “essere pappa e ciccia”. La “pappa” è una minestra di pane, semolino o simili, e per estensione qualsiasi cibo in brodo che si dà ai bambini nella fase di svezzamento, cioè nel periodo in cui passano dalla alimentazione a base di latte a a una più ricca e varia. La “ciccia” è la carne cucinata e preparata in modo tale che può essere mangiata da chi non ha ancora i denti.

  6. Lu paparazzar Says:

    Fare il Nesci
    Fingere di non sapere. Il Nesci non è un cognome, ma una variante dell’antico “nescio” , dal latino “nec scire “, non sapere. Citata in “ Sant.’Ambrogio”, una delle pochissime poesie di Giuseppe Giusti ( 1809-1850) che si ricordino:“Che fa il Nesci, eccellenza ?”

  7. Lu paparazzar Says:

    Fare tabula rasa
    Eliminare, abolire del tutto . “Tabula” e “rasa” sono due parole latine e significano, rispettivamente, “tavola” e “spianata”. Gli antichi romani usavano, in particolare nelle scuole, una tavoletta di cera per scrivere, e per riutilizzarla dovevano ovviamente spianarla. L’espressione “tabula rasa” entrò nel linguaggio filosofico per indicare la condizione in cui la mente umana si trova prima di acquisire ogni elemento di conoscenza ed è dunque simile a un foglio di carta bianca, sul quale l’esperienza traccerà i suoi segni. Poi l’espressione si allargò al significato attuale, mantenendo però le antiche parole latine.

  8. Lu paparazzar Says:

    Filo da torcere
    Difficoltà, grattacapo. Per esempio “ quell’uomo mi dà filo da torcere”, significa “ mi crea problemi, mi dà molte seccature”. Torcere il filo, per conferire al filato la necessaria resistenza mediante la torsione delle fibre, era un’operazione molto complicata, quando veniva fatta a mano. Ora la torcitura è una operazione fatta dalle macchine tessili.

  9. Lu paparazzar Says:

    Gatta da pelare
    Problema difficile da risolvere. E’ facile capire perchè la fantasia popolare abbia fatto ricorso all’esempio di una gatta per creare questo modo di dire: l’impresa, quando non era possibile anestetizzare gli animali, era praticamente impossibile (fra l’altro la femmina è più combattiva del maschio)

  10. Lu paparazzar Says:

    Giorni della merla
    Così sono chiamati gli ultimi tre giorni di gennaio, quando di solito fa molto freddo. Questa locuzione (cioè frase d’uso in un particolare idioma) è nata da una gentile favola raccontata nelle campagne italiane nell’alto medioevo, secondo la quale una merla, piuttosto infreddolita, si era rivolta al mese di febbraio perché facesse presto a passare; e così permettesse alla primavera di venir prima. E il mese di febbraio, gentilmente, si era ridotto a 28 giorni, donandone 3 al mese di gennaio. In realtà, febbraio (che per i romani era il mese della purificazione – ‘febbraio’ deriva dal latino ‘februarius’, da ‘februus’, purificante) era l’ultimo mese del calendario in uso a Roma nell’antichità ed era dedicato al culto dei morti. La sua influenza era considerata così nefasta che i Romani – muniti di buon senso pratico e anche molto superstiziosi – avevano pensato bene di ridurlo a una misura più breve degli altri mesi. Questa tradizione è stata conservata nei calendari moderni, anche dopo le riforme attuate da Giulio Cesare e poi da papa Gregorio XIII.

  11. Lu paparazzar Says:

    Il denaro non ha odore
    Dalla frase latina: “pecunia non olet”.
    L’importante è guadagnare, non importa come. Ecco una espressione alla quale sono molto sensibili coloro che sono pronti anche ad azioni disoneste e non hanno “scrupoli di coscienza” (vedi). Per loro qualsiasi attività è giustificata se procura un guadagno. La frase è nata da un preciso episodio, che è riportato come certo dallo storico romano Svetonio. Una volta l’imperatore romano Vespasiano fu duramente rimproverato dal figlio Tito, che poi sarebbe diventato imperatore anche lui, perchè ricorreva a tutte le tasse possibili pur di procurare denaro alle case dello stato. “Se vai avanti di questo passo- disse Tito a Vespasiano – metterai una tassa anche sulle latrine pubbliche”. Vespasiano accolse il rimprovero come una proposta e qualche tempo dopo mise sotto il naso di Tito un pugno di monete, chiedendogli se per caso puzzassero. Alla risposta negativa del figlio, osservò: “Eppure provengono dalle latrine”.

  12. Lu paparazzar Says:

    Lacrime di coccodrillo
    Falso pentimento che una persona ipocrita dimostra dopo aver commesso una azione malvagia. E’ una espressione nata dal fatto che durante la digestione i coccodrilli secernono cioè emettono) gocce di liquido dagli occhi, come se piangessero dopo aver divorato le loro vittime.

  13. Lu paparazzar Says:

    Nascere con la camicia
    Essere destinato a una vita fortunata, con molte occasioni di successi. L’espressione, come molte altre simili (“nascere con la cuffia”, “nascere di domenica”, nascere sotto una buona stella” e altre così volgari da risultare impubblicabili) viene quasi sempre usata con invidia e spesso con ironia.

  14. Lu paparazzar Says:

    Notte dei lunghi coltelli
    Una fase di scontro durissimo e anche cruento fra gruppi rivali, tra fazioni di un partito. L’espressione è nata dalla notte del 30 giugno 1934, quando, per ordine di Hitler, squadre di SS eliminarono esponenti dei reparti d’assalto del partito nazionalsocialista. “SS” è la sigla di “Schutz – staffen”, una formazione militarizzata creata nel 1925 dal partito nazionalsocialista tedesco e diventata , dal 1933, un’organizzazione di reparti specializzati in crudeli compiti di polizia. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale, le SS acquistarono una tragica fama nello sterminio in massa degli avversari politici, degli ebrei e delle minoranze etniche

  15. Lu paparazzar Says:

    Occhio del ciclone
    Il punto centrale di un ciclone intorno al quale ruotano venti vorticosi di grande violenza ma nel punto stesso c’è calma.Ha anche il significato di momento critico e rischioso (Per esempio: “Siamo nell’occhio del ciclone”). L’ espressione è stata usata con così tanta abbondanza nel linguaggio giornalistico che ormai è diventata un luogo comune.

  16. Lu paparazzar Says:

    Pietra miliare ­
    E’ una locuzione che significa ‘avvenimento, tappa di grande rilievo’. Deriva dalle piccole colonne che in epoca romana venivano poste sulle grandi vie costruite dallo stato e indicavano la distanza da Roma. Erano dunque molto importanti per calcolare la strada da fare. Si chiamavano miliari (aggettivo derivato dalla parola latina ‘milia’, che significa ‘mille’) perché segnavano le ‘milia’ , unità di misura di lunghezza romana.
    Dal latino ‘milia’ è nata la parola italiana ‘miglio’. Il miglio antico italiano corrispondeva, secondo le varie epoche, a una distanza da 1.500 a 2.500 metri. Il miglio terrestre , o inglese, è pari a 5.280 piedi ( 1.609 metri) mentre quello marino misura , per convenzione, 1.852 metri.

  17. Lu paparazzar Says:

    Pomiciare
    Lucidare con la pomice ma anche scambiare effusioni amorose e carezze intime. La pomice è una varietà di vetro vulcanico e viene usata per levigare e lucidare marmi e metalli. Ha caratteristiche coibenti, cioè trattiene il calore.

  18. Lu paparazzar Says:

    Portare il cervello all’ammasso
    Aderire a un partito politico o a un sistema ideologico e da quel momento in poi non pensare a niente di diverso da quello che dicono i capi. E’ l’accusa che si rivolgevano reciprocamente comunisti e democristiani negli anni Cinquanta del secolo scorso . Era nata come battuta (che in questo caso significa “frase arguta e provocatoria”) pubblicata dai giornali umoristici dell’epoca e rivolta in particolare agli iscritti al PCI.

  19. Lu paparazzar Says:

    Portare vasi a Samo
    Sprecare tempo ed energia per fare cose che non servono. Samo nell’antichità aveva una forte produzione di vasi ritenuti di fattura eccellente, e tentare di esportare vasi a Samo era un’impresa probitiva, come vendere il ghiaccio agli esquimesi.

  20. Lu paparazzar Says:

    Prendere in castagna
    Cogliere in fallo, sorprendere qualcuno in una posizione scorretta. L’espressione nasce dalla somiglianza dei testicoli con le castagne . Fallo è parola di doppio significato: errore e organo genitale maschile.

  21. Lu paparazzar Says:

    Prendere per i fondelli
    Prendere in giro. I fondelli sono pezzi di stoffa, utilizzati per rinforzare i punti di maggiore usura degli indumenti, come per esempio il fondo dei pantaloni.

  22. Lu paparazzar Says:

    Reggere l’anima coi denti
    Essere molto stanco, oppure molto malato

  23. Lu paparazzar Says:

    Restare sulla carta
    Restare allo stato di proposito, non essere realizzato. Si dice, per esempio, “quel suo progetto rimase sulla carta” per dire che non fu mai attuato in pratica; “quella sua speranza di farsi una casa rimase sulla carta” per dire che l’interessato non ebbe mai una casa di proprietà. Nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” Galileo Galilei precisò, con una frase memorabile, la differenza che c’è fra la teoria e la pratica: “I discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile e non sopra un mondo di carta”.

  24. Lu paparazzar Says:

    Riso sardonico
    Un’espressione ironica del volto che esprime gioia maligna. “Sardonico” deriva dal greco e indicava un tipo di erbe, le “sardonie” , il cui infuso provocava un riso convulsivo. ”Infuso “ è il liquido ottenuto dalle piante macerate nell’acqua bollente. “Convulsivo” si dice per definire un riso caratterizzato da contrazioni muscolari che sono la conseguenza di particolari stati morbosi

  25. Lu paparazzar Says:

    Ultima spiaggia
    Ultima possibilità o speranza che rimane per affrontare una situazione critica quando tutto il resto è andato perduto. Il modo di dire è spesso usato in senso ironico (“Siamo ormai all’ultima spiaggia”) ed è frequente nel linguaggio sportivo (“Quella squadra è all’ultima spiaggia”, per dire che sta per retrocedere nel campionato inferiore). E’ entrato in uso nella seconda metà del secolo scorso, sulla scia del successo di un film ( “On the beach”, titolo italiano:”Ultima spiaggia” ) diretto nel 1959 da Stanley Kramer e interpretato da Gregory Peck e Ava Gardner. Raccontava di un gruppo di esseri umani rimasto in vita in Australia dopo che una guerra atomica aveva distrutto l’intera umanità. Il film dette un contributo non modesto alla campagna dei pacifisti contro la guerra fredda fra USA e URSS.

  26. Lu paparazzar Says:

    Un colpo al cerchio e uno alla botte
    Cercare di destreggiarsi senza scontentare nessuno. E’ una locuzione che ci viene dal basso Medioevo ed è nata nelle botteghe artigiane, quando il bottaio, per costruire la botte, dava alternativamente un colpo alle doghe di legno e un colpo ai cerchi di metallo che le stringevano, così da procedere in modo uniforme e graduale nella costruzione del recipiente, senza deformarlo

  27. Lu paparazzar Says:

    Uno alla volta in collo a mamma
    Questa espressione significa semplicemente che i bambini non possono stare tutti insieme in braccio alla madre. La donna può abbracciarne soltanto uno alla volta. Ma in Toscana, quando le famiglie avevano numerosi figli, l’espressione assunse il significato particolare di un rigoroso ammonimento: nessuno può godere di un privilegio e impedire ad altri di farne parte; tutti, a turno, devono avere le stesse possibilità.

  28. Lu paparazzar Says:

    Vespasiano
    Con l’iniziale maiuscola è il nome di un imperatore romano; con l’iniziale minuscola indica una latrina pubblica, servizio igienico ormai assai raro nelle città italiane ma un tempo molto diffuso. Anche i “diurni” – locali pubblici che offrono servizi vari, come barbiere, lavanderia e bagni – sono difficili a trovarsi. Il nome comune “vespasiano” è dovuto al fatto che fu proprio l’imperatore Vespasiano, negli anni Settanta dell’era cristiana, a curare la installazione di molte latrine pubbliche, per poi tassarne l’uso, nelle strade di Roma. Vespasiano fu uno dei più onorati imperatori romani: grande organizzatore, eccellente statista, esperto di problemi economici, vittorioso condottiero d’eserciti. Ma il destino, che rende umili anche i superbi, si è divertito a farlo passare alla storia soprattutto per un particolare secondario.

  29. Lu paparazzar Says:

    Vittoria di Pirro
    E’ quella che ha conseguenze disastrose non solo sui vinti ma anche sui vincitori. Il modo di dire fa riferimento alle vittorie ottenute da Pirro, re dell’Epiro, contro i romani, nelle battaglie di Eraclea ( 280 a.C;) e di Ascoli di Puglia ( 278 a.C.). Le perdite dell’esercito comandato da Pirro furono tali da indurre il re a tornarsene in Epiro, senza aver raggiunto nessuno dei risultati che si era proposto.

  30. Lu paparazzar Says:

    Cadere (o cascar) dalle nuvole
    Stupirsi molto di qualche cosa che è accaduto, non riuscire a capirne il motivo, essere sempre distratti. Per esempio, si dice, di una persona disattenta, sbadata “è uno che vive con la testa fra le nuvole”. E’ un’espressione antichissima. Già il commediografo greco Aristofane prendeva in giro il suo contemporaneo Socrate, proprio per quella caratteristica, nella commedia “Le Nuvole”, rappresentata nel 423 avanti Cristo. Nella commedia Socrate appare in una cesta sospesa fra le nuvole, mentre è tutto intento a guardare il sole senza curarsi troppo di quello che accade sulla terra.

  31. Lu paparazzar Says:

    Camicia di Nesso
    Situazione così angosciosa e intensa da provocare la morte. E’ un’espressione che viene dalla mitologia (che è l’insieme dei miti creati o raccolti da un popolo). In questo caso si tratta di un episodio della mitologia greca. Il centauro Nesso, per vendicarsi di Eracle che l’aveva ferito a morte, donò la sua camicia intrisa di dangue a Deianira, facendole credere che la camicia aveva la magica proprietà di suscitare amore in chi la indossava. Deianira la fece indossare a Eracle per riconquistare l’amore di lui, provocandone, senza volerlo, la morte.

  32. Lu paparazzar Says:

    Cavallo di Frisia
    Cavallo non è soltanto il nome del noto quadrupede, ma anche del pezzo omonimo al gioco degli scacchi, la parte dei pantaloni in cui le due gambe sono unite da una cucitura, la combinazione di due numeri adiacenti sui quali si punta alla roulette, una moneta di rame emessa nel 1472 da Ferdinando d’Aragona, un attrezzo ginnico sul quale si compiono i volteggi, il piccolo spacciatore di droga e, infine, un antico strumento di tortura, costituito da un cuneo di legno coperto di punte acuminate, sul quale il condannato veniva fatto sedere a cavalcioni. Proprio da questo ultimo attrezzo prese il nome, alla fine del Seicento, il cavalletto avvolto da filo spinato usato come difesa accessoria nelle fortificazioni e impiegato per la prima volta in Frisia, una regione costiera del mare del Nord, un tempo abitata dai Frisi e oggi divisa fra Germania e Olanda.

  33. Lu paparazzar Says:

    Chiave di volta
    In questo caso non si tratta di una chiave ma di una pietra. Quella che è fatta a forma di cuneo e che è posta al centro di un arco o di una volta per mantenere in equilibro le altre pietre. La locuzione (la frase) mutuata dalla tecnica dell’architettura, significa, appunto quell’elemento o persona su cui si basa un argomento, una questione

  34. Lu paparazzar Says:

    Cicerone
    Con la maiuscola iniziale è il nome di un uomo politico; oratore e filosofo vissuto nel primo secolo avanti Cristo, celebre per la sua eloquenza, ma con la minuscola è la guida a pagamento che illustra ai turisti un museo o una città. Di solito, una guida parla a lungo e con facilità ed è da questa caratteristica che ha preso il nome

  35. Lu paparazzar Says:

    Colletti bianchi
    Gli impiegati. La definizione è entrata in uso in Italia nel 1950. Fu copiata dall’inglese “white collar”.

  36. Lu paparazzar Says:

    Combattere contro i mulini a vento
    Impegnarsi in uno scontro contro un nemico immaginario, spesso creato e comunque ingigantito dalla nostra fantasia. E’ un modo di dire nato dal capolavoro di Miguel de Cervantes, scritto esattamente cinquecento anni fa, dove il protagonista, don Chisciotte della Mancia, che ha perduto il senso della realtà, combatte contro un mulino a vento. Don Chisciotte, nell’intenzione di Cervantes, era l’ultimo esemplare, disinteressato e generoso, del vecchio mondo cavalleresco che se ne andava incalzato dalla razionalità dei tempi.

  37. Lu paparazzar Says:

    Contare come il due di briscola
    Non avere alcuna autorità, non contare nulla, appunto come il due nel gioco della briscola, che è un giuoco di carte – un tempo molto diffuso in Italia- di derivazione francese (“brisque”).

  38. Lu paparazzar Says:

    Di punto in bianco
    Significa “a un tratto, all’improvviso”. Per esempio: di punto in bianco decise di partire”, “di punto in bianco smise di parlarmi”. Viene dalla locuzione francese “ de but en blanc”, che è tratta dal linguaggio militare, e in particolare dalla balistica (la scienza che studia il lancio di proiettili con armi da fuoco, per esempio un cannone). Era chiamato” in bianco” un tiro fatto senza alzare la canna del cannone. Per poter sparare i proiettili a distanza bisogna alzare la canna perchè il proiettile compia una parabola. Il valore dei vari scatti di inclinazione era espresso in punti. Il tiro era detto “in bianco” quando l’indice del congegno di puntamento non segnava alcun valore . Il tiro aveva così una traiettoria orizzontale ed era possibile e utile solo a distanza ravvicinata, data la sua imprecisione. In questo caso, agli artiglieri non occorrevano né preparazione né calcoli preliminari. Da qui il significato “all’improvviso”.

  39. Lu paparazzar Says:

    Dire a nuora perchè suocera intenda
    Dire qualcosa a qualcuno perché sia di monito a qualche altro che sta ascoltando

  40. Lu paparazzar Says:

    Amico del giaguaro
    E’ chi, anche se non proprio di sua volontà, si mette d’accordo coi nemici di un amico o semplicemente li favorisce. E’ un modo di dire nato da una favola su due cacciatori, uno dei quali era amico del giaguaro, con la conclusione che si immagina

  41. Lu paparazzar Says:

    Andare in bianco
    Andare a vuoto, non riuscire a colpire un obbiettivo, non riuscire in un approccio sentimentale o in un rapporto sessuale. E’ una locuzione (una frase) nata dal linguaggio militare che identificava nel bianco un tiro senza elevazione ma influenzata dal fatto che il bianco è inteso, comunemente, come ‘senza colore’ e perciò simboleggia il vuoto, il niente (mentre in realtà è la sintesi di tutti i colori dell’iride, il colore che risulta dalla diffusione di tutte le radiazioni visibili emesse dalla luce solare)

  42. Lu paparazzar Says:

    Asino di Buridano
    Così viene definita una persona sempre indecisa, che trovandosi di fronte a un dilemma (cioè a una condizione nella quale è costretta a scegliere fra due possibilità) non sa quale scegliere. L’espressione è nata da una favola che era diffusa in Francia nel primo secolo dopo il Mille e fu poi attribuita al filosofo francese Buridano (vissuto nel XIV secolo ). La favola narra di un asino che posto di fronte a due mucchietti di fieno morì di fame non sapendo quale dei due mangiare.

  43. Lu paparazzar Says:

    Battere in ritirata
    “Battere” ha il significato originario di “colpire, percuotere ripetutamente” (per esempio, “suo padre lo batteva sempre ”) ma anche di “marcare”, “scandire con colpi” (per esempio “battere a macchina” ). “Battere in ritirata” è una espressione che risente un po’ di ambedue i significati accennati e significa “ fuggire in fretta”, “ritirarsi dalla battaglia”.

  44. Lu paparazzar Says:

    Befana
    Con l’iniziale maiuscola è la buona vecchia che porta i doni ai bambini la notte dell’Epifania (o della Befana, corruzione medioevale del nome). E’ una tradizione che trae origine dai regali portati dai Re Magi, secondo il Vangelo, a Gesù appena nato. La Chiesa ricorda quell’evento il 6 gennaio, che è appunto il giorno dell’Epifania, parola greca che significa “apparizione”. Nel Medio Evo i Re Magi furono sostituiti, nella fantasia popolare, dalla “befana”, cioè da una vecchia strega, che una volta tanto veniva intesa in senso benevolo, in omaggio a Gesù. Così per “befana” con la iniziale minuscola si intende una donna molto anziana, magra e trasandata (Per esempio:” quella donna è una befana “).

  45. Lu paparazzar Says:

    Bicchiere della staffa
    Il bicchiere, con un contenuto (generalmente di vino) che si beve per ultimo, in segno di saluto, prima di un commiato, una partenza. Le staffe sono accessori metallici a forma di anello, appesi ai lati della sella, dove il cavaliere infila i piedi per mantenersi in equilibrio mentre cavalca. Prima delle automobili, il cavallo era il mezzo di locomozione individuale più diffuso. Bicchiere della staffa era appunto quello bevuto prima di montare a cavallo ed andarsene.

  46. Lu paparazzar Says:

    Buttarla in caciara
    “Caciara” è un vocabolo del dialetto romanesco e significa cagnara, chiasso. “Buttarla in caciara” vuol dire trasformare una situazione da tranquilla in confusa. Per esempio, un dibattito, un qualsiasi confronto, all’origine molto sereni, si trasformano in caciara per iniziativa di qualcuno

  47. Lu paparazzar Says:

    Fare flanella
    Scambiarsi effusioni amorose (e cioè carezze, coccole e moine) senza spingersi oltre. Prima era un comportamento attribuito a chi frequentava una casa di tolleranza (dove si esercitava la prostituzione con il consenso della Legge e delle autorità) ma solo per intrattenersi con le ragazze senza compiere atti sessuali e quindi senza pagare. Le case di tolleranza sono state chiuse in Italia a metà del secolo scorso. La flanella è un tessuto (di lana o di cotone) che è morbido e caldo e sta a contatto diretto con la pelle. Ha caratteristiche coibenti, cioè sviluppa calore se viene strofinata, e lo mantiene a lungo

  48. Francesco Di Fabio Says:

    L’origine della parola mutande deriva dal detto latino ‘MUTATIS MUTANDAE’ ovvero: cambiate le cose che devono essere cambiate, riferito soprattutto all’ ambito politico (uno slogan da campagna elettorale insomma).
    Da qui in italiano la parola MUTANDE in riferimento alla biancheria intima che, fra tutti i capi di abbigliamento che una persona può indossare anche per più giorni, sono le uniche a dover essere ‘cambiate’ (almeno tutti i giorni).

  49. Lu Paparazzar Says:

    Il deserto e la chimica

    Gli antichi Egizi avevano diversi nomi per il proprio paese. Ta-mery, “la terra amata”, esprime in modo appropriato il sentimento che il popolo aveva per la propria patria. Gli Egizi odiavano l’idea di dover vivere in un paese straniero o, peggio ancora, di morirvi. Provavano grande pietà per gli stranieri che erano, per definizione, inferiori in tutto ai veri nativi di Kemi, “la terra nera”, un nome derivato dal ricco suolo alluvionale della valle del Nilo. In armonia con il concetto di equilibrio, la “terra nera” era controbilanciata dalla “terra rossa” (deshert), il deserto. Il termine egizio per indicare il deserto comprende il geroglifico del fenicottero che rappresenta il colore rosso. Non è impossibile che proprio la parola deserta sia entrata nella lingua latina attraverso l’egiziano. È facile immaginare un viaggiatore romano che chiede il nome delle sterili distese a est e ovest della fertile valle e che si sente rispondere deshert. Il legame dell’Egitto con il mistero si trova anche nell’alchimia, ossia la ricerca pseudo-scientifica della pietra filosofale che darebbe, a chi la possiede, il potere di trasformare i vili metalli in oro. Questo termine deriva dall’espressione araba “Al- Kemi”, “quella di Kemi”essendo Kemi uno degli antichi nomi dell’Egitto. Quindi anche l’erede più legittima dell’alchimia, la scienza della chimica, deve il suo nome, anche se non le sue origini, all’antico Egitto.

  50. Lu Paparazzar Says:

    FAR VEDERE I SORCI VERDI
    Questo modo di dire puo’ essere utilizzato in diverse occasioni: per destare meraviglia o stupore, soprattutto in virtu’ della propria superiorita’; per preparare a qualcuno una sorpresa sgradevole od imporsi nettamente senza riguardi degli altri. Deriva da una frase scherzosa di origine romana, ripresa come nome di un reparto speciale dell’aviazione italiana famoso negli anni 1937/38 per le sue imprese sportive e successivamente belliche. Sulla carlinga degli aerei erano dipinti tre topi di colore verde. I Sorci Verdi erano l’emblema della 205ª Squadriglia della Regia Aeronautica appartenente al 41º Gruppo BT (Bombardamento Terrestre) del 12º Stormo inquadrato nella IIIª Squadra Aerea.
    Precisamente, tutti gli aerei di questa squadriglia portavano disegnati sulla fusoliera, giusto davanti al portellone, tre topi (in romanesco ed altri dialetti dell’Italia centromeridionale: sorci) verdi, ritti sugli arti posteriori.


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